07/04/15

cheers

Capital City, Horyzon
Aprile 2517

Alla fine ha permesso a suo marito di entrare in casa. Sedotta dalla sua promessa di seguire le indagini sul suicidio di Jensen e di pianificare una strategia comune, ha fatto preparare la seconda stanza da letto dell'ampia residenza che ha selezionato per sé. Guarda fuori dalla finestra sovrappensiero, mentre piove sul mare e sul lembo di spiaggia che le appartiene. Derek la raggiunge con il suo scotch.

"Era un bel giovane."
"Una compagnia gradevole", concorda.
"Lo vuoi?"

Una volta sposati, ci ha messo un po' a decifrare l'ironia di Derek - non tanto per un onesto interesse a comunicare in maniera ottimale, quanto per la volontà di proiettare all'esterno l'idea di una coppia favolosamente affiatata, perfetta. Tutti i gesti di affetto che ora compie con naturalezza (prendergli la mano passandogli delicatamente il pollice sulle nocche, passargli il palmo sul risvolto della giacca per pettinarne il tessuto, prendergli il braccio quando camminano insieme, sorridergli con complicità, prenderlo blandamente in giro quando sono in compagnia su facezie che ne abbelliscono l'immagine, piuttosto che svilirla) sono tutti movimenti che ha analizzato negli holofilm e in una manciata di coppie prese a modello (tra cui i suoi genitori - ciò che ricorda di loro, quantomeno). 

Lo vuole? Volere è un impegno, un esercizio mentale talvolta estenuante. Declan sa di poter volere solo un certo numero di cose alla volta, e solo cose che è in grado di ottenere. Si conosce a sufficienza da non fare passi da dilettante - sa che ne pagherebbe le spese. Prende il bicchiere tra le dita e fa un sorso distratto. Vuole il ragazzo biondo? Soprattutto, vuole condividerlo con Bark?

"Eric era bipolare", cambia argomento con grazia, ma non si preoccupa di infondere delicatezza nel tono. Il semplice fatto che Derek abbia proposto il matrimonio come un accordo le ha permesso, fin dai primi momenti, di concedersi a un pragmatismo privo di romanticherie e frivolezze. Non che lui sia esattamente come lei, né che la conosca. Ciò che ha dimostrato fino ad ora è, in fondo, adeguato a una personalità spregiudicata, ma pur sempre nei canoni della civiltà. Nessuno si preoccuperebbe di uno squalo chiuso nelle solide mura trasparenti di un acquario.

Almeno fino a Jensen, chiaramente. Scoprire il fianco a suo marito e chiedergli di fornirle un alibi è stato un calcolo affrettato, ma non dettato dalla paura: Declan non conosce la paura. Non ama provare dolore fisico, ma nel modo istintivo con cui anche una pianta lotta per la propria autoconservazione. Ciò che in lei più somiglia alla paura di chiunque altro è, in verità, un sentimento epidermico: il timore di non vincere. Per lei la vita è competizione, e perdere la competizione compromette il fragile equilibrio che vent'anni di psicoterapia le hanno permesso di costruire. Una facciata avvenente di fronte a un'anima trasparente, priva di consistenza. Se Declan Khan fosse un pianeta, i minatori dovrebbero scavare per centinaia di chilometri, fino al suo centro, prima di riuscire a trovare qualcosa di reale.

"Credo lo sappiano, sono andati a parlare col suo medico."
"E le indagini non sono ancora terminate?"
"Non credo stiano cercando un assassino... ma una pista verso il suo collaboratore nella Blue Sun. L'indagine è ancora focalizzata sull'insider trading."

Declan rimane in silenzio.

"Non sembri sollevata."
"Né sono preoccupata."
"Declan."

Lui ne cerca lo sguardo, e non fa fatica a trovarlo. Non ci sono sorrisi ad addolcirne gli spigoli rapaci, a smussarne la ferocia alienante dei muscoli compatti dietro la pelle candida, quasi priva di rughe.

"Spero tu sappia che tutto questo non cambia niente tra di noi."

La premura nel suo tono le fa vibrare le labbra verso l'accenno di un sorriso pungente, scosceso.

"Un broker bipolare sulla via del tracollo a causa di un'accusa per crimini finanziari si suicida, e tu pensi che sia stata io ad ucciderlo", riflette ad alta voce, con delicatezza. Sospira con una rassegnazione lieve, contraffatta. Contro il suo palato anche l'omicidio assume un suono pieno di grazia fatale. "Un giorno sarai tu a morire d'infarto, e qualcuno penserà la stessa cosa", prevede quietamente, le labbra mosse da una dolcezza simmetrica. Declan solleva il bicchiere, lo fa tintinnare contro quello già vuoto di suo marito. "Cin cin".

01/04/15

petals


Sono quasi le dieci quando, cambiatasi e pronta a lasciare l'ufficio, il sistema cortex fisso segnala l'arrivo di una holo-chiamata da un contatto che non le è sconosciuto. Se sulle prime è tentata di non riceverla, riflette che - a quell'ora - potrebbe trattarsi di qualcosa di rilevante sulle indagini che la hanno allontanata da Xinhion. Inspira a fondo, si siede alla scrivania e prende la chiamata.


Derek, a parsec di distanza, riceve l'immagine olografica del mezzobusto di una donna che sembra avere ancora trentatré anni. Indossa un abito elegante, da sera, ha gli occhi truccati e le mani sottili poggiate sulla scrivania. Lui ha invece i primi bottoni della camicia slacciati, la cravatta allentata. Sta bevendo bourbon. Declan lo annota, ma non dice nulla a riguardo: se vuole ignorare i suoi problemi cardiaci, non sarà certo lei a ricordarglieli.

- Perdonami. Stavi uscendo?
- Ero sulla porta.
- Non ti tratterrò molto, ma ho considerato che non ci sentivamo da tempo.
- Mi hai mandato un messaggio cinque giorni fa.
- A cui non hai risposto.
Nella voce di Derek non c'è rimprovero: la freddezza che talvolta coglie sua moglie lo trova abituato e l'ha, in passato, anche divertito. Sono ormai anni che le cerca addosso spiragli di umanità, ma non trovarne non l'ha mai turbato. Studia Declan come si studierebbe un meccanismo, ed è sicuro che l'analisi sia ricambiata.
- Avrei bisogno della tua presenza tra una settimana: siamo stati invitati alla presentazione della primavera teatrale del Teatro Repubblicano di Capital City.
- Sarò presente. 
- Pensi di potermi ospitare a casa tua o preferisci prenda un albergo?
- Sto ridecorando, c'è molto disordine: ti suggerirei un albergo.
E' una bugia, ma come al solito Derek ci mette qualche istante a individuarla. Non se ne risente troppo, limitandosi a rivolgerle un sorriso rammaricato.

- Non indossi l'anello.

Declan non ha bisogno di guardarsi le dita.
- Dubito ci sia qualcuno che non sappia del nostro matrimonio, Derek.
- Nonostante ciò.
Derek solleva la mano sinistra: all'anulare, la fede nuziale che hanno deciso di scambiarsi qualche settimana dopo il matrimonio, nonostante non fosse nella tradizione di Xinhion.
- Fammi sapere quando arriverai esattamente.
- Lo farò senz'altro. Ti auguro buona serata.
- A te. 
Declan è la prima a chiudere la chiamata. Si alza, indossa il cappotto, guarda il c-pad: ha ancora dieci minuti. Raggiunge il tavolino su cui è poggiato il vaso contenente il prezioso fiore autentico regalatole da una Yiji. Ricorda a memoria le istruzioni sulla sua cura, prima tra tutte: annaffiarlo due volte al giorno. Appena arrivata in ufficio, prima di uscirne. Ne sfiora i petali delicati con le dita, sentendone la consistenza liscia. Si porta le dita al viso, cercando di individuarvi l'odore del fiore. Ne osserva la terra, lo stelo resistente. Ne sistema la posizione, ruotando appena il vaso esattamente al centro del tavolo.

Esce quando mancano ancora cinque minuti all'appuntamento, senza averlo innaffiato.

26/03/15

you're killing me here



Shiangye Hotel, Sobborghi di Lòng City
23 Febbraio 2517

Eric Jansen è un uomo inaffidabile, questo Declan l'ha sempre saputo. Quando entra nella stanza d'hotel, la prima cosa che nota è la finestra spalancata. Costeggia il muro con calma, la moquette rende soffice il rumore dei tacchi da seicentottanta dollari. Preme il touchscreen al lato della finestra, osservando la saracinesca abbassarsi lentamente. Indossa ancora i guanti.

"Sapevo sarebbe finita così - lui è seduto al bordo del letto - per entrambi. Incatenati mentre affondiamo"

Strofina i palmi delle mani l'uno contro l'altro, con crescente ansia euforica. Il modo impreciso in cui porta la giacca, l'assenza della cravatta, il colletto slacciato, le rughe agli angoli degli occhi neri. Tutto quello che un tempo le piacque, la incuriosì, le sembra adesso l'affresco scontornato di un uomo perduto. Patetico.

"Cosa ti hanno chiesto esattamente?"

Eric alza la testa. Gli occhi terrorizzati gli si riempiono della figura di Declan Khan. I capelli raccolti, la linea sottile del corpo fasciata dal cappotto di velluto, le labbra tinte di rosso.

"Ogni cosa. Sapevano ogni cosa"
"Se avessero saputo ogni cosa adesso non ne staremmo parlando. Sii specifico"
"Mi hanno chiesto delle azioni della Weyland e di quelle della Blue Sun. Hanno tracciato i miei movimenti, gli acquisti poco prima del lancio sul mercato della nuova linea di upgrades navali... gli investimenti su Roanoke prima dell'uscita della notizia sui giornali"
"Sanno anche di LS-9?"
"Sanno tutto. E' finita".

Declan Khan dubita sia finita. Nonostante ciò, il senso di allarme le cola lungo la schiena e la raggela al contrario, fermandosi alla base del collo. Niente di ciò che pensa traspare dall'espressione ferma e concentrata, gli occhi chiari così vuoti da sembrare assenti.

"A quanto sono salite le azioni Weyland?"
"Cosa?"
"Le azioni Weyland. La borsa di Horyzon aprirà a minuti. Si prevede un più cinque percento. Devi andare a ritirare ogni cosa."
"Declan..."

Eric si alza. Le va incontro e le afferra le mani sottili, ancora coperte. Le stringe con tutta la forza che ha, ricevendo da lei solo un leggero irrigidimento e uno sguardo indecifrabile, valutativo.

"E' finita. Arriveranno a te presto, forse stanno già bussando a casa tua."
"Abbiamo quattrocentosessantaquattromila dollari da incassare."
"Non capisci. E' finita. Dobbiamo andare via, come avevamo progettato. Adesso. Subito." 

Gli uomini disperati l'hanno sempre disgustata. Ha un fremito quando, nel prendere il viso di Eric tra i guanti sottili, lui gli sfugge come un coniglio a una trappola mal piazzata. Uno squilibrato. Ne segue le tracce fino a ridosso della finestra: lui preme la fronte contro il vetro chisuo e respira a fondo, agitato. Lei si avvicina lentamente al suo fianco, rimane dietro il muro. L'analisi è il suo campo, e non ha mai avuto difficoltà ad applicarlo a situazioni di crisi. Adesso, quindi, non può che analizzare la necessità di rinunciare ad alcuni obiettivi per tutelare l'unica priorità: se stessa.

Accarezza la schiena di Eric con la punta delle dita. Lo rassicura, gli sorride dolcemente innamorata. Lui annega nel suo sguardo rapace e la ascolta dire ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto, e forse abbiamo un'altra opzione. Eric ci crede con tutte le sue forze. Lui, nell'analisi, non è mai stato un granché. 

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Centrale di Polizia di Lòng City, Xinhion
28 Febbraio 2517

"Forse non dovrei... ma mio marito è davvero il suo più grande fan..."

Derek sorride per la fotocamera. Si lascia immortalare al fianco dell'agente Dobson, un uomo secco di una quarantina d'anni, stempiato e con la pelle color ambra. Poi fa un gesto vago, di scherno, mentre l'agente controlla la buona riuscita della foto sul display olografico. E' uscita bene (Derek Bark esce sempre bene in foto). La ripone e torna a registrare la loro conversazione. Il suo box non è molto spazioso né accogliente, ma si è preoccupato di far portare quantomeno una tazza di caffè al celebre Bark.

"Allora, andiamo avanti... scusi se le chiederò cose che mi ha già detto... serve per i documenti, sa..."
"Non si preoccupi, agente, faccia pure il suo lavoro: sono a sua completa disposizione."
"Grazie. Allora, la sera del ventitré febbraio del corrente anno, dove si trovata?"
"Presso la mia abitazione."
"Da che ora a che ora, orientativamente?"
"Il mio ultimo appuntamento della giornata è stato alle diciotto, quindi dubito di essere tornato più tardi delle otto di sera. E di solito non vado a dormire più tardi delle undici"
"Anche quella sera?"
"Non ho motivo di pensare altrimenti."
"Bene, bene... ed era solo?"
"No: quando sono tornato mia moglie era già a casa."
"Sua moglie che è... - mi scusi, sa, per la registrazione"
"Mi scusi lei: mia moglie è Declan Khan, ed era già in casa."
"Ed è rimasta in casa per tutto il tempo?"

"Sì. Siamo andati a dormire insieme."
"E lei è sicuro che non si sia allontanata, o che non sia uscita senza dirglielo, magari?"

"Ciò farebbe di me un uomo molto distratto."
"Si spieghi."
"Io e Declan dedichiamo le serate ad attività condivise. Vediamo holofilm, o leggiamo, o usciamo."
"Quella sera in particolare cosa avete fatto?"
"Abbiamo ascoltato l'ultimo concerto per orchestra del maestro Jason Fa, dopodiché ci siamo ritirati nelle nostre stanze."
"Verso che ora?"
"Non saprei. Le nove e mezza, forse le dieci?"
"Pensavo andasse a dormire alle undici, di solito."

Derek sorride splendidamente: non ha bisogno di fare più che smuovere leggermente le labbra per convogliare l'esatta dose di scanzonata canaglieria che lo rende così gradevole al pubblico.

"Non ci siamo messi subito a... dormire, se capisce cosa intendo."


Dobson ride, vagamente a disagio, ma tentando di apparire disinvoltamente amichevole.


"Capisco, capisco... quindi mi conferma che la signora Khan è rimasta con lei tutta la sera del ventitré febbraio?"
"Certo, lo confermo."
"Dovrebbe essere un uomo molto distratto per smentirlo..."

Derek ride alla battuta dell'agente come se la trovasse onestamente brillante. Sa di non averne bisogno, di averlo già ipnotizzato. Ma è un attore capace, e si attiene alla sua parte fino all'ultimo.

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Villa Bark-Khan, Lòng City
23 Febbraio 2517

 E' mezzanotte e mezza quando il suo rientro lo sveglia. Derek indossa la sua vestaglia di pregiatissima lana naturale e scende in cucina, dove la trova occupata nell'eseguire con precisione maniacale il rituale del tè. Capisce che qualcosa non va dal primo sguardo.

"Cosa è successo?", chiede rimanendo sull'uscio.

Declan non risponde subito. Ha buttato disordinatamente il cappotto sulla penisola, e ora vi poggia le mani e tende le braccia, guardando in basso per un lungo istante.

"Ho bisogno che tu faccia una cosa per me - dice chiaramente, ma a voce bassa. - E ho bisogno che tu non me ne chieda mai il motivo."

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Strada, Lòng City
28 Febbraio 2517

Le luci della città che non dorme mai le sfuggono dietro lo sguardo. Rothman guida velocemente, e Derek è seduto al suo fianco, sui sedili posteriori della limousine. 

"Forse dovresti trovare un pretesto per lasciare Xinhion per un po', almeno finché non chiudono le indagini. Seguirò io la questione."
"Sì. Penso che farò così."

Declan osserva fuori dal finestrino, sovrappensiero. Suo marito potrebbe per un attimo giurare come sia la prima volta che le trova addosso un briciolo di preoccupazione. Le prende la mano e se la conduce alle labbra, baciandole morbidamente le nocche in uno di quei rari gesti di affetto che normalmente riservano per quando hanno un pubblico.

"Andrà tutto bene - le dice col suo sorriso da incantatore - e sei in debito."

E' la cosa che la preoccupa di più.

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Shiangye Hotel, Sobborghi di Lòng City
24 Febbraio 2517

"Un bel modo del cazzo per ammazzarsi", osserva Dobson. "Si è capito chi è questo poveraccio?". E' in fondo un brav'uomo, e ha un briciolo di pietà anche per i tossici che vengono ritrovati morti di overdose negli hotel. Qualcuno recupera il suo IdN dai pantaloni, lo striscia su un lettore.
"E' un broker di Jutòu", informano. "Jensen, Eric."