31/10/12

Heavy Wrists

"Ho letto che Declan è tornata a Horyzon."

Alban Khan rischiò di farsi andare di traverso il ghraiba che aveva fatto ammollare nel tè mattutino. Era una giornata chiara su Eleira, e l'ampio salone da pranzo di villa Khan era illuminato a luce naturale grazie alle ampie e alte finestre che affacciavano sul lato est. Sia Louise che suo marito erano vestiti per iniziare la giornata, e sapevano di avere non più di dieci minuti prima di dover uscire. Alban si ricompose.

"Non vedo come dovrebbe interessarmi"
"Non si è fatta viva per circa sette mesi, Alban, non ha risposto alle nostre chiamate e si è resa irrintracciabile"
"Maadhav ci disse che era stata assegnata ad un progetto confidenziale"
"Quindi?"


Alban si fece più scuro in volto e puntò gli occhi azzurri sul tè profumato. Con un ultimo sorso svuotò la tazza.

"E' stata piuttosto chiara sui rapporti che vuole avere con noi"
"L'hai cacciata di fronte a tutta la famiglia"
"Aveva passato il segno"
"E' nostra figlia, Alban"


C'era una sfumatura severa nel tono di Louise. Nonostante fosse ormai alla soglia dei sessant'anni, aveva ancora i capelli di quel rosso vivo che aveva trasmesso alle figlie, degli occhi brillanti e un aspetto elegante e distinto. Alban Khan (che ne conosceva la furia placida) si impegnò a non incrociare il suo sguardo.

"Non vuol dire che approvi il suo stile di vita"
"Quale stile di vita approvi, tu, che sia diverso dal tuo?"
"Molti. Molti, ma non il suo"


C'era uno spasmo di fierezza in quell'affermazione, ma si sgonfiò rapidamente quando incontrò lo sguardo fermo e terribile della moglie.

"Il modo in cui è stata crudele, con Nadja, di fronte a tutti..."
"Non è piaciuto neanche a me"
"E allora?"
"Allora sono mie figlie entrambe. Voglio che Declan torni a visitarci, Alban, per le feste"
"Credi che lo facesse con piacere?"
"Faceva piacere a me"


Alban ispirò e si guardò l'orologio al polso sinistro. Era un orologio antico, di centinaia di anni. Puro argento. Dietro la cassa, in un alfabeto che avrebbe richiesto a chiunque uno studioso antico per la decifrazione, vi era inciso a piccoli caratteri il nome di Gajrup Muthu Khan. Un orologio tramandato per generazioni da primogenito in primogenito. I Khan avevano avuto primi figli maschi per secoli, passandosi quell'orologio di generazione in generazione. Khan era uno di loro. L'ultimo.

"Ho pensato che potremmo chiedere a Oppilana di incontrarla. Vive a Capital City e fa parte della famiglia. O altrimenti Jordan"
"Declan non soppota Jordan"


Louise sollevò le sopracciglia senza nascondere la sorpresa.

"Non l'ha mai sofferta - continuò suo marito - il fatto che sia andata in guerra l'ha sempre fatta percepire come la persona più di successo tra i giovani della famiglia"
"Non lo sapevo"
"No. Non sai molte cose"


Alban passò la manica della camicia sul quadrante dell'orologio per pulirlo da un alone opaco che vi era depositato, e solo in quel momento si rese conto che era fermo. Aggrottò le sopracciglia e rifletté sul fatto che avrebbe dovuto portarlo ad aggiustare per la terza volta, quell'anno. Non era più uno strumento funzionale.

"Mio padre era un ricercatore - sospirò, lasciando l'orologio al polso - e suo padre, prima di lui. Il mio bisnonno un medico, per tutta la sua vita. Ogni singolo Khan, dalla prima colonizzazione ad oggi, ha resto questo 'Verse un luogo migliore in cui vivere. Ognuno di loro mettendosi al servizio dello Stato."
Louise abbassò lo sguardo e sospirò, aggiustandosi una ciocca dietro i capelli.

"Non è una ladra, Alban"
"Non lo è, è uno squalo aziendale
- sospirò a fondo, sconsolato - vorrei poter guardare con nostalgia a quando era più giovane... ma la verità è che è sempre stata così."
"Così come?"
"Egoista. Cinica. Ma ho sempre pensato che ci fosse una linea che non avrebbe superato... finché non l'ha superata"

Il rammarico glielo si sentiva nel tono di voce burbero. Louise si pulì la bocca e si alzò con un movimento leggero, raggiungendo la sedia di lui.

"E' nostra figlia, Baloo. E la rivoglio a casa"

Gli poggiò un bacio tiepido sulla guancia e si avviò lungo il corridoio: il suo turno in ospedale sarebbe iniziato a breve. E ormai non c'era più niente da discutere.

the one who drives

"Mister Rothman?"

La segretaria fece cenno all'uomo di avvicinarsi.

"David Rothman, giusto?"
"Sono io"

Miss Postma sorrise in maniera sfuggente e apatica, osservandolo superficialmente. Lui indossava un vestito nero con cravatta. La camicia era bianca e stirata in maniera imperfetta, i capelli pettinati all'indietro e la barba sistemata di recente. Accorciata, sicuramente, ma non rasata.

"La CEO è pronta a riceverla"

Gli indicò con un gesto la porta, e lui bussò aspettando di sentire l'avanti prima d'entrare.

"Posso?"
"Prego"
"Buonasera"
"Buonasera. Lei deve essere David Rothman"
"Sono io"

Declan Khan non spostò gli occhi dall'holodeck per altri dieci secondi, lasciando che l'uomo rimanesse un passo oltre la soglia, in silenziosa attesa di un doveroso invito ad accomodarsi. Si prese il tempo necessario a studiare l'ufficio spoglio, essenziale. Niente attaccato ai muri se non la copia cartacea di una Laurea in ingegneria. Nessun soprammobile, solo un basso comodino trasparente contenente alcolici costosi e acqua potabile di prima qualità. Declan Khan finì ciò che stava facendo e mise in stand by l'holodeck. Sorrise in maniera lieve osservando l'uomo per la prima volta.

"Prego, si sieda pure"

Non si alzò per stringergli la mano. David Rothman si sedette.

"Le posso offrire qualcosa da bere?"
"No, la ringrazio"

Un momento di silenzio, Declan Khan lo fissò senza adoperare la solita discrezione di cortesia che usava utilizzare con gente del suo stesso rango sociale. Valutò che Rothman dimostrava quarantacinque anni, e che probabilmente era la sua età esatta. Non aveva fedi al dito né la camicia adeguatamente stirata: non conviveva con nessuna donna né tantomeno era sposato. Il vestito gli scendeva addosso troppo pesantemente. Mezza taglia di più, almeno; pensò: affittato. Ha atteso il permesso per sedersi, ha osservato l'ufficio partendo dagli angoli. La barba è più lunga di almeno un millimetro sulla guancia sinistra: è mancino e non ha i soldi per un barbiere. E' un bell'uomo, un tipo. Qurantacinque anni. Scapolo. Deve avere qualche problema a relazionarsi col prossimo: non esce molto, non fa molta vita sociale. Aspetta gli ordini. Un ex militare.

E mentre lei rifletteva, lui si aggiustava sulla sedia, scomodo, a disagio.

"Mi dica: come mai ha fatto domanda per questo lavoro?"

Una vibrazione verso l'alto delle pupille, un istante brevissimo.

"Ho iniziato la mia carriera guidando mezzi terrestri"
"E come l'ha conclusa?"
"Non ha letto il mio curriculum?"
"No"

Di nuovo disagio: Declan trattenne un sorriso. Rimase seria, attendendo con calma una risposta.

"Sono nato su Meili e ho imparato a guidare per trasporti tra fabbriche, a sedici anni. A diciott'anni mi sono arruolato, ho concluso l'accademia alleata di pilotaggio, poi sono andato in guerra."
"E l'ha vinta"
"Punti di vista"

Un altro lungo silenzio. Declan rimase seduta in maniera composta, con le gambe accavallate e gli occhi azzurri fissi in quelli neri del suo inerlocutore.

"Quindi ora ha bisogno di un lavoro tranquillo"
"Sì"
"E di soldi"
"Come tutti"

Silenzio. Declan si sfiorò le labbra con la punta delle dita.

"Si tratta di essere disponibile e rintracciabile ventiquattro ore al giorno. La macchina da guidare è la mia, una Laoying Settemila"
"Anno?"
"E' uscita due settimane fa"

Declan attese la sorpresa nei suoi occhi, ma invano. Continuò a fissarlo.

"Tutto ciò che sente o vede all'interno della macchina è strettamente confidenziale. Il contratto prevede una clausola di riservatezza: se la infrangerà, mi dovrà un risarcimento che la getterà sul lastrico"
"Onorerò il contratto"
"Bene"

Rimasero a fissarsi ancora un po'. Sì, David Rothman aveva lo sguardo spento del veterano deluso. Declan conosceva fin troppo bene la sua razza: maschi poveri arruolatisi giovani alla ricerca di un riscatto che non era mai arrivato. Li trovava noiosi.

"Ha figli?"
"No"
"E' sposato?"
"No"
"Ha intenzione di sposarsi o avere figli?"
"No"

Un'altra pausa, lunga, per valutare. Era tardi ed era il terzo candidato. Miss Postma ne aveva selezionati altri cinque, e se non avesse assunto lui avrebbe dovuto intervistarli tutti.

"Quando può iniziare?"
"Quando vuole"
"Anche subito?"

Rothman la mise meglio a fuoco per assicurarsi che dicesse sul serio.

"Anche subito"