22/01/13

the universe we went through


"Non sei impressionata."

Derek Bark lo constatò con elegante rassegnazione. Osservò Declan sorridere divertita sugli spalti vuoti del più grande stadio del pianeta, guardando in maniera piuttosto distratta il campo di pyramid più in basso su cui si giocava un'amichevole tra Capital Titans e Liu Bei Shooters. Alle undici e mezza di sera. Solo per loro. 

"Per curiosità: come li hai convinti a giocare a quest'ora?"
"Il presidente dei Titans è un mio caro amico. Per gli Shooters... ho promesso di comprarli". L'uomo sospirò e si sedette compostamente sul sedile, mentre Declan rimase ancora un po' con i gomiti poggiati sulla balaustra. Indossava uno splendido cappotto nero che le lasciava scoperte le gambe dalle ginocchia in giù, e gli occhi chiari erano resi più intensi da un cenno di trucco più scuro. Si prese qualche istante per osservarla, contando alla rovescia i vari appuntamenti che le aveva strappato fino a quel momento. Prima dello stadio c'era stato l'acquario dove si erano fatti calare in una vasca di squali, protetti da una gabbia in titanio inossidabile. C'era stata prima ancora la serata in cui corruppe abbastanza persone da riuscire a portarla a vedere, a museo chiuso, la migliore fatica del più celebre pittore della pre-colonizzazione: "L'Universo che attraversammo" di Peter Goeble. Le era sembrato di vedere in lei un certo gusto nello sfiorare con le dita la tela nuda, ma nient'altro. Al vero e proprio primo appuntamento, l'aveva portata piuttosto ingenuamente sulla sua barca di quarantasei metri, a fare una romantica cena al largo di Capital City. Aveva scoperto solo più tardi come, nell'allontanarsi dalla costa, lei avesse speso due abbondanti minuti a calcolare tramite il c-pad le coordinate esatte del loro spostamento per poi comunicarle al suo autista. 

"Pazienza: avrei comunque dovuto comprare una squadra di pyramid, prima o poi. E' una delle poche stravaganze da milionario che mi manca" la prese con filosofia. 
"Hai già in mente dove andare la prossima volta?"
"Chi ti ha detto che ci sarà una prossima volta?"

Declan rise senza guardarlo neanche. Andò a sedersi accanto a lui, accavallò le gambe ed estrasse dal cappotto il portasigarette d'argento koroleviano. Se ne prese una e una la offrì a lui. Le accesero con lo stesso zippo. Profumavano di mentolo in maniera delicata, diventando più piacevolmente brucianti nella gola. Lei continuò a guardare con poco interesse la partita, seppur qualcosa negli occhi suggerisse una certa soddisfazione. Derek rimase a guardarla con una certa ostinazione.

"Dovrei riflettere più attentamente sul perché ti lasci importunare da un vecchio come me"
"Deve essere la posizione sociale di rilievo"
"E i soldi"
"Chiaramente, anche i soldi"
"E sono un vecchio tutto sommato ben mantenuto"

Declan voltò il capo e lo passò in esame dalla testa ai piedi, valutando. Dei sessantadue anni che aveva, ne dimostrava qualcuno in meno. Il tempo lo aveva stempiato in maniera ordinata, lasciandogli una fronte molto alta e dei capelli ingrigiti. Le spalle larghe e il fisico slanciato facevano intuire una gioventù passata a praticare il nuoto agonistico, mentre le rughe davano al viso un aspetto solido. In effetti ogni cosa in lui riusciva a dare una sensazione di fermezza, pur senza renderlo duro. Aveva la scioltezza tipica di chi tratta il denaro come un piacevole effetto collaterale del proprio lavoro, senza darsene mai troppa pena. Declan cercava ancora di stabilire se fosse veramente così o se si trattasse soltanto di una posa ben studiata. 

"Dicono che la tua CCN stia per mandare un'inchiesta terremoto sulla Column Electronics"
"Dicono?"
"E' così?"
"Ecco cosa mi era sfuggito: le informazioni..."

Sorrise sfacciato. Era abituato a schivare quel tipo di domande da tempo immemore. Del resto non crei il primo monopolio mediatico del Core senza che qualcuno, presto o tardi, ti chieda qualche piccola anteprima sulle cortex news del giorno dopo. Aveva iniziato dall'informazione: venticinque anni prima Derek Bark era l'anchorman del primo programma cortex di Horyzon. Finché una lite con la produzione l'aveva obbligato a lasciare lo studio e contarsi i soldi in tasca. A quel punto aveva due possibilità: mettere tutto in banca e cercarsi un altro lavoro, oppure investirli. Decise di investirli in attrezzature di holoripresa e in un paio di satelliti in grado di trasmettere a Horyzon, Xinhion e New London. Propose un format innovativo che attrasse numerosi giovani. Iniziarono a lavorare per lui gratis, solo per far parte di ciò che stava costruendo. Il primo giorno di trasmissione fu un fallimento. Il secondo andò meglio. Dopo due mesi di alti e bassi, una docu-inchiesta sulle condizioni di vita su Meili portò un boom di ascolti che accese l'attenzione degli investitori. Nel giro di dieci anni il canale si espanse fino ad acquisire sempre più reti minori, diversificando la sua offerta. Divenne la Central Cortex News. Agli albori 2505 i suoi redattori furono i primi a caldeggiare pubblicamente un intervento armato contro i pianeti del rim che si opponevano all'inevitabile avanzata alleata. La rete cortex venne invasa nel giro di pochi mesi da documentari sui modi barbari e incivili di vivere nel rim, mentre i programmi giornalistici di approfondimento presero a spiegare con logica schiacciante i motivi per cui i rimmer costituivano un pericolo per il quieto vivere del 'Verse intero. Quando nel 2506 scoppiò la guerra, la CCN fu l'unica corporation mediatica a vedersi quasi raddoppiare i finanziamenti statali, mentre il resto dell'informazione e dello spettacolo vedeva bruschi tagli a vantaggio delle spese militari. E mentre il resto del Core si accontentava di pubblicare i bollettini militari giunti dal fronte, la CCN diventò pressoché l'unica ad inviare i suoi giornalisti nelle zone di guerra. Triplicarono lo share, i prezzi delle pubblicità salirono del centotrenta percento. Mentre milioni di soldati morivano al fronte, Derek Bark (che era stato ai suoi tempi uno studente scarso con un voto di laurea mediocre) veniva invitato nelle Università a parlare di news-managing ed etica giornalistica. Finita la guerra, si era ritrovato nelle mani un impero, incorniciato da un'estrema liquidità.


Che amava chiaramente scialacquare.


"Che ne dici di un giro in elicottero sulla città?" propose vago, sedendosi più comodo sul sedile.
"L'ho fatto due settimane fa"

Derek sospirò. Allungò un braccio sullo schienale del sedile di lei, senza per questo toccarle la schiena. Sembravano entrambi rilassati, privi di ingessature. Lei appena più sostenuta, nella maniera che hanno alcune donne per comunicare una certa severità d'intenti. Eppure aveva quel sorriso velato negli occhi. Lui era un uomo abbastanza navigato da riuscire a capire quando le sue attenzioni erano apprezzate, e gli sembrava che Declan Khan non rifiutasse le attenzioni di nessuno. Era al centro del suo mondo e, per qualche motivo, doveva essere profondamente convinta di essere anche al centro del mondo di tutti gli altri.

"C'è qualche città che ti piacerebbe vedere? Qualche megalopoli che ti manca?"
"Ho vissuto in quasi tutte le capitali del Core"
"Quali?"

Lei sollevò appena il mento, osservando senza apparire particolarmente avvinta uno splendido assist, più giù, sul campo.

"Sono nata a Lòng City e ho vissuto a Jutòu fino ai quattordici anni. Ci siamo poi trasferiti su Berishan, ad Afghana. Sono andata a studiare a New London, ho fatto l'internship a Manhattan e sono stata assunta di nuovo a Xinhion. Sono stata trasferita a Capital City per qualche mese, poi assegnata ad un progetto a Sadrany, quindi di nuovo a Capital City. D'estate usavamo andare a Corona, e i miei genitori vivono attualmente a Gandhi."
"Come sono?"
"I miei genitori?"
"Sì."
"Ordinari."

Derek si chiese cosa intendesse Declan Khan per ordinario.

"Lo sono anche io?" impavido. Sorrise anche Declan, ma non rispose alla domanda.

"Sai, potresti semplicemente chiedermi cosa mi piacerebbe fare" osservò, inoppugnabile.

Lui la guardò ancora un po'.

"No. Prima o poi lo troverò" disse senza impazienza. Si accese un'altra sigaretta e tornò a guardare la partita.




"The Universe We Went Through", by Peter Goeble



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