24/03/13

red dress


"L'hai fatto appendere, finalmente"
"Sì. Lo volevo al suo posto per quando verrà a trovarmi"
"Presto?"
"Credo di sì. Credo di piacerle"

Derek rimase sul ciglio dello studio.

"Ci sono poche persone a cui non piaci. Ed è perché le fai sentire a disagio - sorrise - ceni con me stasera?"

Declan sospirò e con un gesto volatile della mano accumulò al lato della visuale le varie olografie, in modo da poter guardare il marito direttamente.

"Volentieri, ma ne ho almeno per un'ora. Puoi prenotare, intanto"
"Pensavo di provare il nuovo ristorante nel distretto Sai-Gi"
"Benissimo, sì"
"Metterai il vestito rosso?"

Declan scosse il capo e rise piano.

"L'ho mandato a lavare, pensavo quello blu scuro"
"Quello nero di velluto?"
"Ti piace di più"
"E' più aderente. Esibire una moglie quasi trent'anni più giovane di me è una delle poche gioie della mia vita..." accentuò il tono fatalista e sospirò in modo teatrale.
"Derek, devo lavorare" lo rimproverò lei divertita, indicandogli eloquentemente la porta.
"Il vestito nero..."
"Fuori"

Declan girò la sedia su cui si trovava di centottanta gradi e alzò lo sguardo sull'holografia parziale che riproduceva interminabilmente una serie di visuali aeree notturne di Koroleva e di Horyzon. Quella sera, indossò uno splendido abito color perla. 

vedute aeree di Koroleva e Horyzon. Regalo di matrimonio di Anya Krushenko e Scott Chaplim

21/03/13

ordinary day


Derek bussò con delicatezza alla porta, poi entrò spingendola con la spalla mentre teneva in equilibro, su un vassoio, due tazze di fine porcellana coperte, sui rispettivi piattini.

Declan guardò oltre l'holo-proiezione centrale al suo ampio studio vuoto, raffigurante i progetti tridimensionali di una classe Hephaestus. Lavorava a una versione ridotta, in grado di esternalizzare più funzioni possibili. Si tolse gli occhiali e li poggiò sul tavolino, osservando suo marito incuriosita.

"Acqua di sorgente proveniente da Greenfield, lasciata riposare un'ora" iniziò l'uomo. Erano le cinque del pomeriggio di Domenica, e indossava gli abiti del polo. Lei aveva deciso di rispettare il giorno di riposo e rimanere a casa, dove poteva lavorare con tranquillità. Pendragon, il grande felino dal mantello violaceo, riposava ai piedi di uno dei divani.

"Portata all'ebollizione - continuò Derek - lasciata poi scendere a novanta gradi. Un cucchiaino di tè colmo per ogni dieci decilitri"
"L'hai fatto fare alla servitù?" chiese lei posata, ironica.
"Esclusivamente con le mie mani. Rimarrai sorpresa" sorrise, poggiò il vassoio sul tavolino e si accomodò tirandosi di poco su i pantaloni. Trovò sul bracciolo il telecomando del proiettore holografico. "Posso?", chiese cordialmente. Declan acconsentì e lui richiamò la proiezione a una serie di opere d'arte disposte in fila.

"Trovo quantomeno ingiusto che mi abbia lasciato il compito di scegliere il resto dell'arredamento" protestò lui pacatamente. 
"Ti ho fatto selezionare un pool di quindici opere da un mio scout di fiducia. Speravo nella tua sensibilità artistica"
"Pressoché nulla, lo sai bene"
"Appunto ho incaricato uno scout". Lei si chinò in avanti e prese una delle due tazze di tè. Tolse il coperchio e lo poggiò, sollevandola tramite il piattino. Ne sentì l'odore, ne prese un sorso, in piedi. Sembrava in effetti ottimamente preparato. "Ho bisogno di prendere in prestito Moore, domani"
"Rothman non si sente bene?"
"E' morto suo padre, gli ho dato due settimane libere per tornare a Meili. Domani faccio i colloqui per il sostituto, ma almeno la mattina mi servirà un autista"
Derek sollevò pensoso gli occhi al cielo. Inguaribilmente ineducato, aveva preso la tazza di tè per il manico, lasciando il piattino sul vassoio. "Serve anche a me, nella mattina. Possiamo accompagnarti al lavoro, però."
"Meraviglioso - accordò la donna - ho una riunione, dovrei riuscire a presentarti Alexander Fay, come mi avevi chiesto - sorrise impercettibilmente - è il mio più diretto concorrente per la promozione al CdA"
Derek annuì moderatamente, quasi distratto: "le sue dichiarazioni sul fallimento della Azaren Inc. sono l'ultima cosa che ci manca per fare uscire l'inchiesta - fece un ultimo sorso al tè, senza assaporarlo - vuoi venire con me al funerale di Aidan Ren?" il tono si era fatto appena più grave.
Declan corrugò delicatamente la fronte: "lo conoscevi?"
"Ho un discreto rapporto di amicizia con suo padre"
"Con Callum Ren?"
"Sì"
Declan ci pensò. "No, non voglio che leghi la mia immagine alla sfortunata dipartita del figlio. Preferirei farmi vedere con lui quando dovrò far credere a Carter che la Ren Technologies mi stia corteggiando". Finì il tè. Quando alzò lo sguardo sul marito, lo trovò particolarmente crucciato.
"Ni hài hao ma?" chiese perplessa.
"Mh. Sì, certo - confermò lui in inglese - sto benissimo - sospirò e si rimise in piedi - vado a farmi una doccia. Ti prego, traimi dalla sofferenza di dover scegliere i quadri" la implorò con garbo.
Declan annuì lievemente e lo lasciò andare via. 

06/03/13

the day every girl dreams of


Era un matrimonio meraviglioso.

Nadja si era ripresa qualche settimana prima e, una volta tanto, si era presentata ad un evento familiare senza un accompagnatore. L'invito scientemente privato del "più uno" aveva fatto la sua parte. In quel momento ballava ridendo con un cugino di secondo grado da parte materna. Dopo il tentato suicidio (ma nessuno osava chiamarlo col suo nome, in famiglia) e il conseguente aborto spontaneo aveva ripreso colore piuttosto rapidamente, seppure apparisse più ossuta dei suoi momenti migliori.

Anche Louise e Alban Khan avevano ballato per un po', almeno finché lui non l'aveva lasciata ad un amico di famiglia. Era tornato al suo tavolo e, fedele al suo carattere burbero e all'umore complicato, era rimasto lì da solo, a scrivere messaggi al suo c-pad come se si stesse occupando di qualcosa di nettamente più importante del matrimonio di sua figlia.

Sua figlia - in un qipao rosso cucito su misura da un'alta sartoria locale e fresca come quando, ore prima, si era celebrata la cerimonia - lo raggiunse con due tazzine di ceramica bianca, piene di baijiu caldo e trasparente. Con un sorriso delicato ne pose una di fronte a suo padre, andandosi a sedere con lui con movimento leggero. 

Declan Khan e suo padre non si parlavano da mesi. La luce dei maestosi lampadari di cristallo intiepidiva il colore azzurro dei loro sguardi affilati e identici. Fu lei a fare il primo sorso di baijiu.

"Sono felice che tu abbia deciso di venire, alla fine."
"Ciò non cambia nulla tra noi"
"Ci dà quantomeno la possibilità di parlare"
"Non c'è niente di cui parlare"
"Io credo di sì".

Parlavano in cinese: per quanto avessero cresciuto le due figlie come bilingue perfette, nelle interazioni domestiche i Khan avevano sempre preferito la lingua di Xinhion all'inglese di New London, considerato spesso troppo impersonale, linguisticamente povero e, a ben vedere, troppo semplice.

"Non posso dirmi certo lieta delle modifiche al tuo testamento. Per qualche tempo ho pensato che la cancellazione del mio nome in favore di quello di Jamie fosse una scelta dettata dal sessismo, poi dalla pietà nei suoi confronti. Più maneggiabile dell'essere disconosciuta come tua figlia, immagino. Ti ringrazio tuttavia per la discrezione adoperata". Suonava calma e leggera.
"Se c'è una cosa che speravo di averti insegnato, Declan, è che nella vita ogni cosa deve essere guadagnata. Anche l'appartenenza a questa famiglia. Soprattutto l'appartenenza a questa famiglia."
Declan sorrise e scosse piano il capo.
"Non faccio che studiare e lavorare da quando sono nata. Non ho mai ottenuto meno dei migliori risultati possibili."
"Dovrei esserne impressionato? Il lavoro intellettuale è facile, per te. Piacevole. L'hai sempre fatto sempre e solo per te stessa. Non ti richiede impegno, non ti richiede fatica."
"E cosa pensi dovrei fare?"
"Rispondere alle chiamate di tua madre, per iniziare. Avere rispetto per ciò che questa famiglia ha costruito e rappresenta da decenni. - assottigliò lo sguardo su di lei. - accogliere tua sorella quando si presenta alla tua porta disperata. O pensavi che non saremmo mai venuti a saperlo?"
Lei distolse lo sguardo, lo indirizzò verso la pista da ballo e sorrise ad un paio di conoscenti sulla linea diretta dei suoi occhi.
"Puoi tenerti la tua eredità, Alban. I soldi, le case, i libri. Tutto ciò che possiedo è mio di diritto. Sono il CEO della sede di Lòng City. Ho appena sposato uno degli uomini più potenti del sistema, e nel giro di sedici mesi sarò eletta alla Board of Directors della Blue Sun. Ho tutto e presto avrò di più. Non voglio niente da te. Solo l'orologio". 

Alban abbassò lo sguardo sul proprio polso sinistro. L'orologio da solo valeva come la sua intera casa. Suo padre l'aveva dato a lui, e suo nonno l'aveva dato a suo padre, e così a ritroso, fino alla prima colonizzazione. Non vi era oggetto al mondo a cui tenesse di più.

"Che tu lo apprezzi o meno, ho spesso tirato Nadja fuori dai guai in cui ama cacciarsi, Alban. Video amatoriali pornografici, taccheggio, fidanzati violenti, debiti, tendenze autolesioniste e suicide."
"Neanche il tuo passato è esemplare, Declan"
"Ma me ne sono sempre occupata da sola, ho fatto attenzione a non lasciarmi nulla dietro. E diciamolo: sono fatta di tutta un'altra pasta. Come pensi che la prenderebbe, lei? - ruotò di poco il capo, allargando l'attenzione alla sorella minore che applaudiva divertita il quartetto d'archi - magari è l'ultima spinta di cui ha bisogno".

La guardò estraneo, col cuore che gli diventava gelido. Chiuse e riaprì le labbra varie volte, ma non gli vennero le parole. Non pensò neanche per un momento che stesse bluffando. Si tolse l'orologio e glielo consegnò.

Lei sorrise. Capovolse la cassa e ne lesse le poche parole in hindi. Diceva: "Gajrup Muthu Khan". L'iniziatore della fortunata stirpe.

"E' il miglior regalo che potessi farmi, papà" disse sorridendo. Si alzò e gli poggiò un affettuoso bacio sulla guancia, a beneficio dei fotografi. Poi andò a ballare con lo sposo.


* * *

Il giorno dopo i novelli sposi presero finalmente possesso della casa. La sera stessa, Derek sedeva già di fronte allo scenografico camino con un maglione poggiato sulle spalle e il tech-reader nelle mani. Leggeva un complicato e avvincente romanzo, ma lo poggiò sul tavolino quando Declan entrò nella stanza.

"Ospiti esemplari - aprì la conversazione - quel tenente dell'ottava flotta appariva un po' cupo, tuttavia"
"Non credo sia abituato a questo tipo di eventi. E' stato promosso a comandante, ad ogni modo"
"Oh, avevi indubbiamente invitati più pittoreschi. - rifletté ad alta voce - la giovane ragazza del rim... Molly Cox?"
Declan sorrise: "temo che costringerla alla presenza sia stata una tortura: mi è sembrava confusa anche sulle posate da utilizzare per ogni portata. Hai avuto modo di parlare da solo con Lars Wolfwood, alla fine?"
"No, purtroppo no, ma credo che per quel progetto consulterò la Shouye di Lòng City"
"Mi sembra una buona scelta: non vogliamo indisporli da subito"
"Siete molto amici?"
"Io e Wolfwood? - chiese lei sistemandosi sulle gambe accavallate il proprio tech-reader - non direi, no. E' un ottimo conversatore, però, e una splendida compagnia. Molto sensibile alle arti e un meraviglioso pianista."
"Temo di essere leggermente carente in materia"
"A dir poco. La tua competenza artistica è paragonabile a quella di una scimmia con un pennello" disse con delicatezza.
"Lo ammetto - confessò rassegnato il marito. - ti ho fatto del tè".

Declan alzò gli occhi dal tech reader al tavolino. Un bicchiere di cristallo pieno di tè fumante era fermo sul tavolino. Sbatté le palpebre due volte di seguito.

"Avevamo finito le tazze?"
"No, ma in un bicchiere ne entra di più - rispose lui con nonchalanche - l'ho già zuccherato"
Declan alzò gli occhi al cielo: "il tè non va dolcificato. Copre il suo sapore naturale"
"Ma non ha nessun sapore naturale"
"Non lo avrà mai se continui a fumare due pacchetti di Ganesha Commercial al giorno"
"Mi tengo vicino al popolo"
"Non posso credere che nessuno ti abbia mai insegnato come si serve il tè"
"Devo travasarlo in uno dei servizi di ceramica che ci hanno regalato?"
"No. Non ne volevo, comunque" rispose lei con sicurezza. Derek rilassò il busto e allargò le braccia sullo schienale del divano.
"You know you're a control freak, right?" le passò distrattamente la punta delle dita sulla schiena.
"Ci farai l'abitudine - gli assicurò divertita. Scorse le dita sul tech-reader aprendo il calendario - direi di sistemare la prossima settimana: mi sarà necessaria la tua presenza la mattina di mercoledì e venerdì sera."
"Prendo l'agenda e sono subito da te".