26/03/15

you're killing me here



Shiangye Hotel, Sobborghi di Lòng City
23 Febbraio 2517

Eric Jansen è un uomo inaffidabile, questo Declan l'ha sempre saputo. Quando entra nella stanza d'hotel, la prima cosa che nota è la finestra spalancata. Costeggia il muro con calma, la moquette rende soffice il rumore dei tacchi da seicentottanta dollari. Preme il touchscreen al lato della finestra, osservando la saracinesca abbassarsi lentamente. Indossa ancora i guanti.

"Sapevo sarebbe finita così - lui è seduto al bordo del letto - per entrambi. Incatenati mentre affondiamo"

Strofina i palmi delle mani l'uno contro l'altro, con crescente ansia euforica. Il modo impreciso in cui porta la giacca, l'assenza della cravatta, il colletto slacciato, le rughe agli angoli degli occhi neri. Tutto quello che un tempo le piacque, la incuriosì, le sembra adesso l'affresco scontornato di un uomo perduto. Patetico.

"Cosa ti hanno chiesto esattamente?"

Eric alza la testa. Gli occhi terrorizzati gli si riempiono della figura di Declan Khan. I capelli raccolti, la linea sottile del corpo fasciata dal cappotto di velluto, le labbra tinte di rosso.

"Ogni cosa. Sapevano ogni cosa"
"Se avessero saputo ogni cosa adesso non ne staremmo parlando. Sii specifico"
"Mi hanno chiesto delle azioni della Weyland e di quelle della Blue Sun. Hanno tracciato i miei movimenti, gli acquisti poco prima del lancio sul mercato della nuova linea di upgrades navali... gli investimenti su Roanoke prima dell'uscita della notizia sui giornali"
"Sanno anche di LS-9?"
"Sanno tutto. E' finita".

Declan Khan dubita sia finita. Nonostante ciò, il senso di allarme le cola lungo la schiena e la raggela al contrario, fermandosi alla base del collo. Niente di ciò che pensa traspare dall'espressione ferma e concentrata, gli occhi chiari così vuoti da sembrare assenti.

"A quanto sono salite le azioni Weyland?"
"Cosa?"
"Le azioni Weyland. La borsa di Horyzon aprirà a minuti. Si prevede un più cinque percento. Devi andare a ritirare ogni cosa."
"Declan..."

Eric si alza. Le va incontro e le afferra le mani sottili, ancora coperte. Le stringe con tutta la forza che ha, ricevendo da lei solo un leggero irrigidimento e uno sguardo indecifrabile, valutativo.

"E' finita. Arriveranno a te presto, forse stanno già bussando a casa tua."
"Abbiamo quattrocentosessantaquattromila dollari da incassare."
"Non capisci. E' finita. Dobbiamo andare via, come avevamo progettato. Adesso. Subito." 

Gli uomini disperati l'hanno sempre disgustata. Ha un fremito quando, nel prendere il viso di Eric tra i guanti sottili, lui gli sfugge come un coniglio a una trappola mal piazzata. Uno squilibrato. Ne segue le tracce fino a ridosso della finestra: lui preme la fronte contro il vetro chisuo e respira a fondo, agitato. Lei si avvicina lentamente al suo fianco, rimane dietro il muro. L'analisi è il suo campo, e non ha mai avuto difficoltà ad applicarlo a situazioni di crisi. Adesso, quindi, non può che analizzare la necessità di rinunciare ad alcuni obiettivi per tutelare l'unica priorità: se stessa.

Accarezza la schiena di Eric con la punta delle dita. Lo rassicura, gli sorride dolcemente innamorata. Lui annega nel suo sguardo rapace e la ascolta dire ti ho amato dal primo momento in cui ti ho visto, e forse abbiamo un'altra opzione. Eric ci crede con tutte le sue forze. Lui, nell'analisi, non è mai stato un granché. 

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Centrale di Polizia di Lòng City, Xinhion
28 Febbraio 2517

"Forse non dovrei... ma mio marito è davvero il suo più grande fan..."

Derek sorride per la fotocamera. Si lascia immortalare al fianco dell'agente Dobson, un uomo secco di una quarantina d'anni, stempiato e con la pelle color ambra. Poi fa un gesto vago, di scherno, mentre l'agente controlla la buona riuscita della foto sul display olografico. E' uscita bene (Derek Bark esce sempre bene in foto). La ripone e torna a registrare la loro conversazione. Il suo box non è molto spazioso né accogliente, ma si è preoccupato di far portare quantomeno una tazza di caffè al celebre Bark.

"Allora, andiamo avanti... scusi se le chiederò cose che mi ha già detto... serve per i documenti, sa..."
"Non si preoccupi, agente, faccia pure il suo lavoro: sono a sua completa disposizione."
"Grazie. Allora, la sera del ventitré febbraio del corrente anno, dove si trovata?"
"Presso la mia abitazione."
"Da che ora a che ora, orientativamente?"
"Il mio ultimo appuntamento della giornata è stato alle diciotto, quindi dubito di essere tornato più tardi delle otto di sera. E di solito non vado a dormire più tardi delle undici"
"Anche quella sera?"
"Non ho motivo di pensare altrimenti."
"Bene, bene... ed era solo?"
"No: quando sono tornato mia moglie era già a casa."
"Sua moglie che è... - mi scusi, sa, per la registrazione"
"Mi scusi lei: mia moglie è Declan Khan, ed era già in casa."
"Ed è rimasta in casa per tutto il tempo?"

"Sì. Siamo andati a dormire insieme."
"E lei è sicuro che non si sia allontanata, o che non sia uscita senza dirglielo, magari?"

"Ciò farebbe di me un uomo molto distratto."
"Si spieghi."
"Io e Declan dedichiamo le serate ad attività condivise. Vediamo holofilm, o leggiamo, o usciamo."
"Quella sera in particolare cosa avete fatto?"
"Abbiamo ascoltato l'ultimo concerto per orchestra del maestro Jason Fa, dopodiché ci siamo ritirati nelle nostre stanze."
"Verso che ora?"
"Non saprei. Le nove e mezza, forse le dieci?"
"Pensavo andasse a dormire alle undici, di solito."

Derek sorride splendidamente: non ha bisogno di fare più che smuovere leggermente le labbra per convogliare l'esatta dose di scanzonata canaglieria che lo rende così gradevole al pubblico.

"Non ci siamo messi subito a... dormire, se capisce cosa intendo."


Dobson ride, vagamente a disagio, ma tentando di apparire disinvoltamente amichevole.


"Capisco, capisco... quindi mi conferma che la signora Khan è rimasta con lei tutta la sera del ventitré febbraio?"
"Certo, lo confermo."
"Dovrebbe essere un uomo molto distratto per smentirlo..."

Derek ride alla battuta dell'agente come se la trovasse onestamente brillante. Sa di non averne bisogno, di averlo già ipnotizzato. Ma è un attore capace, e si attiene alla sua parte fino all'ultimo.

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Villa Bark-Khan, Lòng City
23 Febbraio 2517

 E' mezzanotte e mezza quando il suo rientro lo sveglia. Derek indossa la sua vestaglia di pregiatissima lana naturale e scende in cucina, dove la trova occupata nell'eseguire con precisione maniacale il rituale del tè. Capisce che qualcosa non va dal primo sguardo.

"Cosa è successo?", chiede rimanendo sull'uscio.

Declan non risponde subito. Ha buttato disordinatamente il cappotto sulla penisola, e ora vi poggia le mani e tende le braccia, guardando in basso per un lungo istante.

"Ho bisogno che tu faccia una cosa per me - dice chiaramente, ma a voce bassa. - E ho bisogno che tu non me ne chieda mai il motivo."

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Strada, Lòng City
28 Febbraio 2517

Le luci della città che non dorme mai le sfuggono dietro lo sguardo. Rothman guida velocemente, e Derek è seduto al suo fianco, sui sedili posteriori della limousine. 

"Forse dovresti trovare un pretesto per lasciare Xinhion per un po', almeno finché non chiudono le indagini. Seguirò io la questione."
"Sì. Penso che farò così."

Declan osserva fuori dal finestrino, sovrappensiero. Suo marito potrebbe per un attimo giurare come sia la prima volta che le trova addosso un briciolo di preoccupazione. Le prende la mano e se la conduce alle labbra, baciandole morbidamente le nocche in uno di quei rari gesti di affetto che normalmente riservano per quando hanno un pubblico.

"Andrà tutto bene - le dice col suo sorriso da incantatore - e sei in debito."

E' la cosa che la preoccupa di più.

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Shiangye Hotel, Sobborghi di Lòng City
24 Febbraio 2517

"Un bel modo del cazzo per ammazzarsi", osserva Dobson. "Si è capito chi è questo poveraccio?". E' in fondo un brav'uomo, e ha un briciolo di pietà anche per i tossici che vengono ritrovati morti di overdose negli hotel. Qualcuno recupera il suo IdN dai pantaloni, lo striscia su un lettore.
"E' un broker di Jutòu", informano. "Jensen, Eric."