16/02/12

Miss Postma

Ogni mattina mi alzo alle sei in punto.
Dal momento in cui metto i piedi per terra a quello in cui esco di casa, impiego sessanta minuti esatti a farmi una doccia, massaggiare delicatamente i capelli per la durata di due shampoo e un balsamo, asciugarmi, truccarmi, vestirmi, dare da mangiare a Patmore, la mia tartaruga di Withmon, fare colazione mentre ascolto le news alla holo tv. Dalle sette alle otto viaggio: dai sobborghi di Capital City all'isola Di San, dove lavoro, la strada non è facile con i mezzi pubblici, e non è diretta. Faccio due cambi e venti minuti di camminata, l'unico esercizio fisico per il quale ho tempo nella giornata. Sui veloci treni sotterranei di Capital City, leggo sul mio tech-reader i romanzi a puntate di Chinelle Lestrade, seguendo le vicende di un'eroina di Jutòu che, durante la guerra, entra nella Flotta Alleata per andare a combattere su Shadetrack, dove il suo fidanzato è stato dato per disperso. Per quaranta minuti esatti vivo l'avventura di Belle Li, finché non arrivo alla mia fermata e dopo, a piedi, al Blue Sun Building.

Lavoro ai piani alti. Quando ho mandato il curriculum per il lavoro di segretaria della nuova vice CEO della sezione locale della Blue Sun, non pensavo che sarei stata presa: quarant'anni sono molti per entrare nel mondo del lavoro, ero inesperta e con una laurea conseguita quasi due decenni fa. Non mi aspettavo neanche che mi facesse il colloquio la stessa vice CEO. Ma le domande erano semplici: è spostata, ha figli? No, e no. Ha intenzione di sposarsi e avere figli? No. Come mai ha deciso di fare domanda per questo posto? Sono molto organizzata. Amo organizzare. Amo mettere ordine nelle cose. Il mio terapista mi ha consigliato di mettere a frutto i miei... problemi psicologici. E' disposta a fare straordinari, anche fino a tardi, regolarmente retribuiti? Sì.

A quanto pare a Declan Khan non serviva altro. Mi siedo alla mia scrivania alle otto, spendendo trenta minuti a ripassare l'agenda della giornata. Alle otto e trenta in punto, ogni giorno, arriva lei: col suo passo sostenuto che però non tradisce fretta, lo sguardo distante che sembra guardarmi a malapena. Ogni giorno mi ripete le stesse cose: "Buongiorno miss Postma. Ha dormito bene?"

Io le dico: "Buongiorno miss Khan. Molto bene, la ringrazio per l'interessamento".

Allora lei mi dice: "Cosa abbiamo in programma, oggi?"

Io la seguo nel suo ufficio, mentre si sistema, e le recito la sua agenda. Lei mi ascolta appena, settando il controllo della luminosità della parete vetrata che dà sulla città intera. Aspetta che finisca di parlare dandomi le spalle e unendo le mani dietro la schiena. Poi mi dà disposizioni su ciò che devo fare. Può essere: "chiami di nuovo Hall Point per il trasferimento dei corpi", oppure "mi passi sul deck gli indirizzi di tutti i membri del CDA", o anche "tra due ore mi convochi i responsabili del settore vendite nella sala meeting". Io segno tutto rapidamente, e quando ho finito la lunga lista le chiedo: "c'è altro, miss Khan?".

"Sì, non mi disturbi fino alle nove, per cortesia".

E così faccio. Esco chiudendomi la porta alle spalle, lasciandola contemplare Capital City con gli occhi di una tigre che studia la sua preda.

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