06/01/13

the train job



Due donne eleganti, vestite di nero, siedono al tavolo di un locale interrato dall'aria fumosa, satura di musica. Hanno occhi azzurri, polsi sottili e bicchieri di whisky con ghiaccio. Una ha i capelli rossi, l'altra è bionda.


Un vagone sfreccia sui binari. Sulle rotaie vi sono cinque persone immobilizzate, che non possono scappare. C'è uno scambio che può azionare, e che devierà il vagone su un'altra rotaia. Ad un prezzo, però: sull'altra rotaia si trova una persona sola, ugualmente immobilizzata, ugualmente impossibilitata a scappare. Non ha modo di fermare il treno, non ha modo di salvare tutti, non ha modo di intervenire se non spostando quella leva. La azionerebbe? 
E' un gioco che serve a etichettarti come maniaco assassino se rispondi no e come sempliciotto se rispondi di sì.  
Non proprio: è uno studio condotto a campione. Circa il novantadue virgola sei percento delle persone sottoposte al test risponde che azionerebbe la leva. Il processo interessante avviene nel secondo step del test, quando viene posto un dilemma simile, ma in forma diversa. C'è sempre il vagone, ci sono ancora le cinque persone bloccate. Questa volta lei si trova su un ponte sopra la rotaia, insieme ad una persona. Può decidere spingere di sotto quella persona, che col suo corpo frenerebbe l'avanzare del treno, ma morirebbe. Oppure può non fare niente, e lasciare le cinque persone morire. 
Il novantatré percento. Immagino che per il novantatré percento delle persone attribuisca un peso maggiore alla morte del singolo se si tratta di causarla direttamente.  
Non il novantatré percento, ma la spiccata maggioranza, sì. E' interessante, non trova? La prova che l'empatia non è uniforme come tendiamo a considerarla, ma è anzi quantomeno variabile. Se non propriamente schizofrenica. 
Niente di nuovo. E' facile uccidere centinaia di migliaia di persone restando oltre un vetro in una sala comandi. Ucciderne una sola sentendo il suo respiro fermarsi... è tutta un'altra cosa. Rende le dimensioni della faccenda. Siamo ridicoli. Noi umani. 
 Lei cosa farebbe?  
E' rilevante? Si tratterebbe comunque di sacrificare qualcuno. Non c'è differenza. Lei?  
Quindi lei non pensa che la vita di cinque persone valga più di quella di una sola? 
Cinque persone sono una, e una, e una, e una e ancora una.  Parliamo di quantità, di qualità? Come si fa a decidere chi merita di vivere e chi merita di morire? 
Allora lei non farebbe nulla, in nessuno dei due casi.  
Non l'ho mai detto. 
Immagino dipenda dallo schema di valori a cui si vuole far riferimento. Qualcuno comparerebbe l'età, altri la funzione nel gruppo familiare, altri ancora nel gruppo sociale più ampio. 
Roba da perderci la testa.  
Dice? Alla fine si riduce tutto ad un semplice calcolo. Anche nella matematica bisogna decidere a che modello fare riferimento, del resto. 
Si riduce tutto a cercare di agire per il meglio. E il meglio può richiedere di scegliere, adottare e cambiare modelli in base alle circostanze. Chi lo sa. Mi augurerei di non trovarmi mai in una situazione del genere.  
E il meglio non è un modello anch'esso? Quanto varia da persona a persona? Si tratta comunque di fare una decisione basandosi su un dogma. O no? 
Oh. Immagino molto. Per un alleato il meglio è bombardare Shadetrack per portare la civiltà. Per un terrorista il meglio è massacrare corer a St Andrews. Credo sia tutto relativo. Dipende dalla sensibilità, dal substrato culturale, dall'elasticità mentale, dal vissuto. Io probabilmente farei qualche rapido calcolo prima di decidere se azionare la leva o meno. Deciderei che cosa è meglio sulla base di valutazioni matematiche. Un'altra persona potrebbe basarsi sulla propria sensibilità, sul... concetto di empatia di cui parlava prima. Azionare la leva. Ma se poi per le condizioni contingenti il convoglio si ribalta, finisce sull'altro binario, uccide anche gli altri cinque?  
Ma la scelta è tra due opzioni nette, pulite. Cercare imprevisti è una forma di indecisione.  
La realtà non è mai netta, pulita. La vita reale è piena di variabili impreviste.  
Eppure la vita reale ha un netto vantaggio sulla matematica, non trova? Le variabili della nostra esistenza sono sempre e solo quelle che noi accettiamo in essa. 
Non mi ha ancora detto che cosa farebbe lei.  
 Io deciderei chi merita di vivere. 
Chi, nella fattispecie?  
Il più utile

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